AGI – “Non è nemmeno immaginabile pensare che gli abitanti di Gaza possano lasciare la loro terra, il loro Paese”. È quanto racconta ad AsiaNews suor Nabila Saleh, religiosa di origine egiziana delle Rosary Sisters, commentando le parole del presidente statunitense Donald Trump nell’incontro a Washington con il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. L’inquilino della Casa Bianca, con il sostegno soddisfatto del leader dello Stato ebraico, ha prospettato lo svuotamento di Gaza dei suoi abitanti per l’opera di ricostruzione trasferendoli in modo permanente in Paesi terzi arabi, fra cui Egitto e Giordania. Al contempo intende trasformare la Striscia nella “Riviera del Medio oriente”.
“Non si può – afferma la suora, che ha vissuto in prima persona per molti mesi il conflitto fra Israele e Hamas, riuscendo a lasciare la Striscia solo ai primi di aprile dello scorso anno con un gruppo di parrocchiani – sostenere la posizione del presidente Trump. È come dire alla popolazione americana di abbandonare la loro terra… è lo stesso!”.
Suor Nabila Saleh ha vissuto 13 anni a Gaza e ha sperimentato sulla propria pelle le violenze del conflitto israelo-palestinese, sebbene l’intensità della guerra innescata dall’attacco di Hamas del 7 ottobre 2023 non abbia eguali rispetto al passato. La religiosa ha trascorso oltre sei mesi come rifugiata nella chiesa della Sacra Famiglia assieme a oltre 650 sfollati cristiani, sotto le bombe e in condizioni umanitarie disperate, prendendosi cura dei più fragili. Nel giugno scorso ha raccontato la propria esperienza al Centro Pime di Milano assieme ad alcune consorelle fra le quali suor Bertilla Murj e suor Martina Bader, giordane, che hanno operato a lungo in passato nella Striscia. In precedenza aveva anche ricevuto dall’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini, in un incontro privato, il premio “Fuoco dentro” promosso dalla Chiesa ambrosiana per “Donne e uomini che cambiano il mondo”.
“Un popolo – prosegue suor Nabila Saleh, attualmente in Giordania – ha diritto a vivere nel suo Paese, nella sua terra, sono i principi fissati anche nei diritti umani di base delle organizzazioni internazionali”. Nei mesi di conflitto nella Striscia, la religiosa ha vissuto momenti terribili come l’attacco alla chiesa greco-ortodossa di san Porfirio o quando l’esercito israeliano ha ucciso a sangue freddo due donne della comunità cristiana davanti ai suoi occhi. “La maggioranza di quelli che sono fuggiti a sud – racconta la suora, rimasta in contatto con la parrocchia della Sacra Famiglia – stanno ritornando a nord, anche se vi sono molte difficoltà perché non è rimasto più niente e la situazione è molto difficile. Resta – conclude – la fiducia in Dio”, anche se permane la sensazione di essere vittime di una profonda “ingiustizia” e che per una vera pace serva “un miracolo dal cielo”.