domenica, Dicembre 22, 2024
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QUEER È ORA: I PERCORSI FOTOGRAFICI DI ALESSIA ROLLO

Queer è Ora è un programma di ricerca artistica e sociale che vuole raccontare le storie e i vissuti di 15 persone e gruppi appartenenti alla comunità LGBTQIA+ attraverso una mostra fotografica.

Questo racconto fotografico, firmato dall’artista visiva Alessia Rollo, è parte di una più ampia campagna, vuole dimostrare e mostrare come i CAD (Centri Anti Discriminazione) svolgano oggi un ruolo fondamentale e diano un aiuto sensibile a tutti coloro che cercano di trovare il coraggio di denunciare. La mostra, infatti, vuole raccontare per poter prevenire le violenze fisiche e verbali, causa di marginalità e disagio sociale, vissuti e subiti dai membri della comunità Queer.

Queer è ora – Essere senza confini è il titolo della mostra, visitabile fino al 31 ottobre 2023 presso il Castello Volante di Corigliano d’Otranto, a Lecce e vede la fotografia e la ricerca artistica e visiva come strumento di emancipazione contro le discriminazioni di genere, per dare spazio alle voci, alle esperienze, alle parole raccontate e per rendere del tutto inclusiva la partecipazione alla narrazione; e, soprattutto, per abbattere la deriva omolesbobitransfobica istigata dall’aggressività quotidiana che dal digital si riversa nella vita reale.

I 16 scatti raccontano di “identità in movimento”, come sottolinea l’autrice, che è intervenuta su ogni fotografia in maniera analogica attraverso l’inserimento di elementi pittorici e testuali, che fanno da cornice (spesso in senso letterale) all’immagine ritratta nella fotografia.

“L’ideazione delle foto è partita dal racconto delle persone che abbiamo fotografato”, commenta Alessia, “idee che ho tradotto in immagini. Ho preso come riferimento iconografie della storia dell’arte ispirate al lavoro di artiste donne o queer, anche come atto politico, al fine di portare nel contemporaneo narrazioni tralasciate dalla storia e dal patriarcato”.

Alessia, oggi si parla moltissimo di “queer”, anzi sembra quasi che sia a tutti gli effetti un termine di uso comune. Tu che definizione daresti di “queer”, e cos’è per te?

Il termine queer nasce negli anni ‘90 per dare voce alle esistenze di coloro che non si riconoscevano in un unico genere definito o in generale nel concetto stesso di identità di genere binaria. Credo che per me questo vada al di là della connotazione meramente sessuale e che “queer” sia una metafora inclusiva che permette di muoversi all’interno della fluidità dell’esistenza di ciascuno di noi, e che ci permetta di accettare le molte sfumature individuali e delle persone che ci circondano. Queer per me è anche e forse prima di tutto questioning, una forma di domandarsi e di costruire identità e coscienza collettiva.

Come pensi che un artista come te possa contribuire in ambito sociale, in particolar modo sulle tematiche lgbtq+?

Personalmente ritengo che oggi più che mai sia necessario un impegno civile da parte di tutt* in un marco (parola spagnola che vuol dire panorama, quadro: influenze dello spagnolo che non perdo anche dopo 8 anni che sono tornata in Italia!) storico nazionale in cui le disuguaglianze – di genere, di classe, di provenienza – sono sempre più marcate e con un governo che sembra cercare di ampliare il divario sociale, anziché colmarlo. In questo scenario tutto ha un peso, anche le parole e le immagini. O forse… soprattutto. Quindi come artista non sento di potermi sottrarre a poter contribuire anche solo se minimamente a utilizzare le mie capacità artistiche e creative per veicolare buone pratiche e messaggi che almeno facciano dibattere in un senso positivo l’opinione pubblica.

Alessia, per realizzare questa mostra hai dovuto, in qualche modo, viaggiare e “studiare”. Parlaci di questa esperienza.

Questo progetto parte dall’esperienza e dall’impegno di persone che giornalmente sono attive sul territorio per garantire alla comunità LGBTIAQ+ dei servizi che colmino le lacune dello Stato su tanti piani, da quello sanitario a quello psicologico. Per “Queer è ora” abbiamo visitato 5 centri da Nord a Sud Italia e io ho fotografato quindici vissuti, realizzando dei ritratti che parlassero delle loro esperienze personali come attivisti o utenti dei Centri Antiviolenza e Discriminazione. Per costruire iconograficamente le foto mi sono poi ispirata a immagini realizzate nel passato e nel contemporaneo che includessero quanto più possibili donne o artist* queer.

Cosa vuoi comunicare attraverso le tue fotografie, al di là del messaggio sociale e della documentazione di queste realtà?

Mi piacerebbe aprire questioni, lasciare dei dubbi, delle curiosità, una capacità e una voglia di ascolto di cui spesso oggi si è persa l’abitudine: le foto, per esempio, sono frutto di una manipolazione manuale (cuciture, pittura su foto, ecc…) ed esposte senza essere state ritoccate digitalmente. Certo, ci sono delle sfumature, degli errori, delle imperfezioni; ma mi piacerebbe comunicare che gli esseri umani forse dovrebbero accettarsi in questo spazio di prova, di errore, essendo però sempre orientati verso quello che deve essere un senso di bellezza e condivisione.

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