domenica, Settembre 8, 2024
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OLIMPIADI VIETATE AGLI ATLETI TRANSGENDER

A Parigi 2024 entrati in vigore molti nuovi regolamenti restrittivi nei confronti degli atleti transgender e non binari.

Il mondo si riunisce a Parigi per le Olimpiadi estive del 2024. Tra i 10.000 atleti presenti ci sono almeno 150 atleti LGBTQ , il secondo contingente più grande di sempre. Le Olimpiadi di Tokyo sono state una pietra miliare con 186 atleti LGBTQ in gara e 33 medaglie vinte . Il Team LGBTQ si è classificato settimo nel medagliere generale. Tokyo ha visto i primi atleti olimpici trans e non binari di sempre: la sollevatrice di pesi neozelandese Laurel Hubbard, la skater statunitense Alana Smith e il centrocampista di calcio canadese Quinn. A Parigi avrebbero dovuto esserci anche la maratoneta e campionessa nazionale del Team USA Nikki Hiltz e il pugile filippino/primo uomo trans olimpionico Hergie Bacyadan, oltre alla ciclista americana di BMX Chelsea Wolfe e la ciclista britannica su pista/strada Emily Bridges. Tutti questi atleti, però, sono stati escluse persino dal tentativo di candidarsi alle Olimpiadi di Parigi a causa della strett anelle normative dell’organismo di governo mondiale del loro sport nei confronti delle donne transgender.

Negate le opportunità olimpiche agli atleti trans

Mentre si accende la fiamma olimpica, sono stati emanati divieti per le donne transgender nelle competizioni femminili da parte di Union Cycliste Internationale, World Aquatics, World Athletics e World Rugby. World Triathlon ha emanato una politica che non è un divieto, ma che è severamente restrittiva. World Sailing ha annunciato restrizioni che entreranno in vigore all’inizio del 2025. Le opportunità negate agli aspiranti transgender nello sport rappresentano un duro colpo ai progressi compiuti.

“La rabbia che provo giustamente per il fatto che mi hanno rubato la vita è enorme”, ha commentato Wolfe a Bicycling Magazine l’anno scorso, non molto tempo dopo che è stato annunciato il divieto dell’UCI. “Non abbiamo mai avuto il vero diritto di competere, perché c’è sempre stata questa nozione taciuta che se vinci, questo privilegio ti verrà tolto. Non ti è permesso avere successo, ti è solo permesso di presentarti”. Chelsea Wolfe era una riserva per USA BMX a Tokyo e stava puntando con forza a Parigi 2024 quando l’UCI ha stabilito la sua nuova politica.

Durante le Olimpiadi di Tokyo, un certo numero di esperti sportivi e medici si sono incontrati per rivalutare la politica del Comitato Olimpico Internazionale sull’inclusione transgender. Il consenso emerso da quell’incontro è stato che le normative in vigore dal 2003 e modificate nel 2015 “non erano adatte allo scopo”. C’è stata anche la dichiarazione rilasciata dal direttore medico del CIO Richard Budgett in una conferenza stampa dopo l’incontro: “Tutti concordano sul fatto che le donne transgender sono donne, ma è una questione di idoneità per lo sport. Spetta a ogni sport e a ogni disciplina stabilire quali siano le regole per l’idoneità e la partecipazione”.

Una normativa ambigua

Questa affermazione è stata l’impulso per il Framework for Fairness del CIO. Si concentra sull’idea che qualsiasi regolamentazione debba essere fondata sulla scienza e non su un presunto vantaggio non dimostrato da detta scienza e dai risultati della competizione. Era un obiettivo degno, ma mancava di certezza normativa. Ciò ha portato Emily Bridges a essere dichiarata idonea, poi non idonea e infine esclusa dalla competizione, anche quando ha fornito dati sulle prestazioni a dimostrazione del suo caso.

La regola della World Aquatics è stata creata dopo che una nuotatrice universitaria negli Stati Uniti, Lia Thomas, ha vinto un campionato nazionale universitario. L’UCI ha visto una donna transgender, Austin Killips, vincere una gara professionistica di livello inferiore nel New Mexico, e ha quasi immediatamente promulgato il suo divieto. Il presidente della World Athletics Sebastian Coe ha inasprito la “Caster Semenya Rule” , che riguarda le donne cisgender. Si ritiene ampiamente che Semenya sia intersessuale ed è stata due volte campionessa olimpica. Semenya, due volte campionessa olimpica sudafricana sugli 800 metri, e la medaglia d’oro dei 200 metri di Tokyo Christine Mboma della Namibia, non saranno presenti alle gare di Parigi a causa delle restrizioni ormonali che sembrano colpire in modo sproporzionato le donne africane.

Ci sono molte incognite future su questo tema, in particolare su come lo sport d’élite considererà gli atleti non binari nelle future normative.

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