Non e’ sempre facile riuscire a parlare di cio’ che ci accade in alcune situazioni complicate, per questo ci sono siti ed enti che posso aiutarti e tutelarti.
Esistono dimensioni della persona che spesso la società trascura o condanna senza appello. Difendere e promuovere i diritti LGBT (diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transessuali) significa riconoscere che ogni persona possiede individualità autentiche che si esprimono in concetti come l’orientamento sessuale e l’identità di genere.
Tali individualità sono state lungo i secoli ignorate, nascoste o apertamente e violentemente condannate. Oggi, invece, alla luce della pari dignità sociale e dell’uguaglianza di fronte alla legge a prescindere da caratteristiche personali, come stabilisce l’articolo 3 della nostra Costituzione, occorre difendere e promuovere una cultura dei diritti LGBT che tuteli tutte le dimensioni della persona, dalla relazione di convivenza al matrimonio, dalla lotta all’omofobia e ai discorsi omofobici alla difesa delle famiglie incentrate su coppie dello stesso sesso.
Nella cultura dei diritti i diversi non esistono.
È attraverso questa cultura dei diritti LGBT che è possibile avere una società italiana più libera e più giusta.
Un primo aspetto dal quale occorre muovere per descrivere e comprendere lo stato dei diritti riconosciuti e garantiti alle minoranze omosessuali e transessuali è rappresentato da una breve ricognizione del quadro normativo attualmente vigente all’interno dell’ordinamento giuridico italiano in materia.
Da questo punto di vista, il tema della tutela dei diritti delle minoranze omosessuali e transessuali può essere affrontato considerandone tanto la dimensione relazionale e familiare quanto quella più strettamente individuale.
Con riguardo al primo profilo, in Italia si registra ormai da tempo l’assenza di un intervento legislativo finalizzato ad introdurre una disciplina specifica delle unioni tra persone dello stesso sesso.
Più in particolare, tale vuoto normativo non è stato colmato né attraverso un’estensione del diritto al matrimonio, riconosciuto ai sensi dell’art. 29 Cost., anche a quello concluso tra due persone dello stesso sesso, né dotandosi di soluzioni normative che, per il tramite di istituti analoghi alle unioni registrate estere (civil partnership), avrebbero svolto un ruolo centrale nel riconoscimento dello status di coppia anche alle unioni omosessuali.
Sintetizzando al massimo è, dunque, corretto affermare che la situazione attualmente vigente nell’ordinamento giuridico italiano si caratterizza per una ormai prolungata inerzia legislativa, che pone l’Italia in una posizione di isolamento rispetto alle soluzioni normative, viceversa, accolte dagli altri Stati membri dell’Unione Europea e non solo.
Con riferimento alla dimensione individuale, del tutto analogo è l’approccio del legislatore italiano. Manca, infatti, una normativa ad hoc a tutela delle minoranze omosessuali e transessuali, per il contrasto di condotte omofobiche e transfobiche.
I tentativi che, in tempi diversi e con varie modalità, sono stati promossi al fine di approvare una disciplina legislativa specifica in materia non sono mai stati approvati dal Parlamento.
Più in particolare, alcune di queste proposte di legge, miravano ad introdurre una circostanza aggravante, comune o speciale, volta alla repressione di reati commessi in ragione della omosessualità o della transessualità della persona offesa.
Si trattava, dunque, di proposte di legge, che miravano ad offrire una tutela penale rafforzata, in considerazione della condizione di particolare vulnerabilità delle minoranze omosessuali e transessuali.
Da questo punto di vista, un intervento legislativo in tal senso avrebbe consentito, da un lato, di dare attuazione concreta al principio di non discriminazione ricavabile dall’art. 3, comma 1, della Costituzione e, dall’altro, di porre l’ordinamento giuridico italiano coerentemente in linea con le soluzioni legislative accolte dagli stati membri dell’Unione Europea, in tema di contrasto alle condotte omofobiche e transfobiche.
A questo proposito, infatti, gli studi comparatistici mostrano come il ricorso allo strumento penale, in particolare attraverso l’istituto della circostanza aggravante, costituisca la soluzione maggioritaria, nonché la sola che, nel nostro ordinamento, non porrebbe problemi di legittimità costituzionale rispetto al principio della libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.).