giovedì, Novembre 21, 2024
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L’AMORE È UN ARCOBALENO DOLCEAMARO

Il corto “Bittersweet Rainbow” racconta di un amore diverso.

Bittersweet Rainbow: Homecoming è un cortometraggio che parla di amore, famiglia e ricordi. Il regista Luca Bertossi, classe ’95, è riuscito a realizzarlo attraverso un crowdfunding. Nonostante la giovane età, Luca ha già preso parte a tre film in qualità di direttore della fotografia, due dei quali con cast internazionale. I cortometraggi da lui realizzati come regista e montatore spaziano tra genere horror, drammatico, post apocalittico e sociale. Negli ultimi anni, ha realizzato ben 7 cortometraggi che sono stati accolti molto positivamente in diversi festival.

Per la prima volta, con Bittersweet Rainbow ha voluto raccontare la storia di un ragazzo gay, Nicolò, che 7 anni dopo aver lasciato il paese dove viveva, decide di tornare a casa.

Luca, come è nata l’idea che alla base di Bittersweet Rainbow?

L’idea di questo cortometraggio è nata nel lasso di un lungo periodo nel quale avevo l’ispirazione per realizzare un qualcosa di drammatico e malinconico. Volevo che fosse qualcosa che avesse anche dei temi importanti e quindi ho optato per una storia d’amore tra due ragazzi, per affrontare questa tematica e unirla alla malinconia e alla nostalgia dei ricordi del passato.

Parliamo del titolo: “Bittersweet” significa agrodolce. In che modo pensi che questo “sapore” esista nelle vite delle persone facenti parte della comunità LBGTQ+?

Secondo me “agrodolce” indica che nella vita ci sono sia aspetti molto positivi sia aspetti più amari, come potrebbero essere il giudizio degli altri o la paura di quello che potrebbero pensare. Quindi, come gran parte delle situazioni che si possono affrontare nella vita, anche in questa si possono trovare aspetti dolci o amari.

Il tuo corto racconta il rapporto tra due ragazzi, anzi due uomini, perché non sono adolescenti. E parla anche di rapporti genitori-figli. La sfera affettiva di una persona LGBTQ+ può essere decisamente “complicata” e così pure la comunicazione. Tu come hai voluto raccontarla e rappresentarla e perché pensi sia importante parlare di questi temi oggi?

Ancora ai nostri giorni non tutte le persone accettano questa realtà e secondo me è importante sensibilizzare sull’argomento perché alla fine siamo tutti uguali e non c’è bisogno di fare distinzioni, in quanto abbiamo tutti gli stessi diritti. Per quel che riguarda la sfera familiare, secondo me, nella maggior parte dei casi c’è più comprensione che altro; però si ha paura a esporsi, non potendo prevedere le risposte degli altri.

In una delle prime sequenze del corto, vediamo il primo ricordo del protagonista: un locale dove si balla e incontra la persona di cui si innamora. Come lo hai pensato? è un primo incontro o per i due è un codice segreto per trovarsi?

La scena della festa si svolge in un momento in cui i due protagonisti si conoscono già, quindi ho pensato che fosse un loro modo di comunicare. Nascondersi tra la gente, facendo finta di non essere omosessuali. Quindi, quando si incontrano si appartano per non dare nell’occhio. Potremmo dire che si tratta di un codice segreto. Mi piaceva l’idea della festa, è una delle scene che mi ha ispirato di più nella creazione del cortometraggio e volevo renderla un ricordo bello e nostalgico. Se la scena fosse stata davanti a un cellulare non avrebbe avuto la stessa enfasi.

Ancora oggi le realtà dei piccoli paesi sembrano essere piuttosto chiuse rispetto a tante cose e per molti ragazzi è difficile fare outing, o anche soltanto trovare la propria identità in questi contesti. Tu cosa ne pensi?

Penso che sì, secondo me non è semplice… e non penso lo sarà mai, conoscendo il mondo per quello che è. La cosa che posso dire, però, è che l’importante è stare bene con sé stessi e non avere rimorsi per le cose che non si sono fatte.

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