L’opera prima di Zeno Graton “Le Paradis” è un film che parla di lotta per arrivare all’emancipazione delle proprie passioni.
Le Paradis è un film dirompente, ambientato in un centro di detenzione minorile, dove il diciassettenne Joe si prepara al suo ritorno nella società, incerto su cosa lo aspetti la vita oltre le mura. Ma quando il nuovo arrivato William si trasferisce nella cella vicina, il desiderio di libertà di Joe viene sostituito da un altro desiderio. In orbita l’uno intorno all’altro con crescente desiderio e disperazione, Joe e William intraprendono un viaggio di emancipazione emotiva.
Il film d’esordio del regista belga Zeno Graton segue le prove e le tribolazioni di una passione tra due giovani che devono letteralmente abbattere i muri per il loro amore, in un dramma in cui la libertà significa soprattutto libertà di amare. Nei ruoli principali figurano due stelle nascenti del cinema francese: Khalil Gharbia e Julien de Saint Jean.
Abbattere i muri (letteralmente) per amarsi
Recinzioni e sbarre. Così comincia Le Paradis. E dietro c’è un mondo sigillato, un riformatorio. I detenuti indossano magliette rosse e pantaloncini grigi. Uno di loro è Joe, con una faccia sprezzante e provocatoria. Fin dall’inizio sentiamo la sua voce che ricorda una scena infantile di pesci catturati nel ghiaccio in un lago invernale e equipara questa immagine simbolicamente carica a quella della famiglia. Il ragazzo allora credeva, o voleva credere, che i pesci, come gli orsi, vanno in letargo per poi risvegliarsi in primavera. In realtà, sono morti congelati.
Dopo questo prologo, Joe se ne va per un lungolago estivo mentre la musica pop orientale e selvaggia lo avvolge. Viene riportato indietro e affrontato dal suo assistente sociale per il suo tentativo di evasione. Tra poche settimane ci sarà il suo processo e dovrebbe chiedere scusa per iscritto al giudice che poi lo interrogherà e che dovrà decidere sul suo futuro. Dopo aver scontato la pena, il diciassettenne vuole restare solo, avere la propria vita e non vuole tornare in nessun caso da sua madre.
Un’équipe di educatori – severa, ma giusta e responsabile – decide caso per caso, lo status degli alunni, la fine sotto controllo e il nuovo inizio in libertà, seppur con condizioni. Gli assistenti sociali aiutano nella ricerca di un appartamento, di un lavoro e nell’integrazione. Ma quali sono le prospettive? Uno del gruppo, Fahd, riceve una lettera negativa da un collegio dove aveva fatto domanda per un posto e che si dichiara incapace di accogliere l’emarginato.
L’arrivo di William
Nel carcere vivono in piccole unità, si addestrano per diventare saldatori di metalli, ricevono lezioni scolastiche, imparano attraverso il gioco come funziona la macchina fotografica a scatola nera e fanno sport. A volte si crea una sorta di atmosfera scout. A volte, ad esempio durante una corsa nel bosco o quando è un giorno di visita, i cancelli si aprono. Ad un certo punto, durante un temporale, sembra che la pioggia possa spazzare via la loro situazione difficile.
Ne viene introdotto uno nuovo, William. Joe (le cui radici arabe richiedono uno speciale sforzo di emancipazione per ammettere la sua omosessualità) e William si scambiano una sigaretta, i loro sguardi dicono più delle parole. Anche in questo spazio abitativo controllato e chiuso si ritrovano, anche bussando al muro tra le loro stanze simili a celle. È un corteggiamento e un innamoramento tempestosi, legati da un desiderio di vicinanza e di appartenenza incondizionata che li fa aggrapparsi l’uno all’altro in modo che nessuno dei due cada.