venerdì, Febbraio 7, 2025
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Il kosovo torna domenica alle urne, favorito il premier Kurti

AGI – Il Kosovo, la regione balcanica da sempre epicentro di tensioni, torna al voto domenica per rinnovare i membri del parlamento e sono 27 le liste che correranno per i 120 seggi nell’Assemblea nazionale.

 

“Il declassamento del dialogo con la Serbia nei programmi di tutti i partiti dimostra come il Kosovo si senta protetto e garantito dalla comunità internazionale” è l’analisi del politologo ed esperto dei Balcani Michele Chiaruzzi, intervistato dall’AGI.

 

“Sicuramente – commenta Chiaruzzi – come accade nei sistemi democratici che hanno superato una specifica fase di transizione, le questioni di politica interna, come la buona amministrazione e l’aumento degli stipendi tendono a essere i più importanti per l’elettorato e, di conseguenza, la vetusta questione dei rapporti con la Serbia viene messa in secondo piano. Aggiungo che, nell’ultimo anno, in Kosovo ci sono state varie manifestazioni, ad esempio dei dipendenti pubblici, il che spiega perché le tensioni con Belgrado abbiano assunto una posizione declassata in questa campagna elettorale. Questo non significa che lo smantellamento delle strutture parallele finanziate dalla Serbia nel nord del Paese attuato dal premier kosovaro Albin Kurti non abbiano premiato a livello di consenso”.

 

Al potere dal 2021, il primo ministro socialdemocratico risulta oggi in vantaggio, anche se non è ancora scontato che raggiunga il 50%. Sebbene dalle varie dichiarazioni di tutti i candidati primi ministri durante la campagna elettorale, sia emerso che la normalizzazione dei rapporti con Belgrado e l’istituzione dell’Associazione delle municipalità a maggioranza serba (Asm), sono temi su cui nessuno sembra essere disposto a esporsi, i rapporti tra Pristina e Belgrado rimangono sotto l’osservazione della comunità internazionale. Soprattutto dopo che il contingente NATO Kfor – che conta circa 4.300 militari, di cui 800 italiani – ha aumentato la sua presenza in Kosovo a seguito delle tensioni dello scorso settembre.

 

“Non dobbiamo dimenticare che l’indipendenza del Kosovo – sottolinea il politologo – è legata a doppio filo a un intervento occidentale nella guerra del 1999 contro la Serbia di Milosevic e da allora è sempre rimasta nella sfera di influenza di alcuni Stati dell’Alleanza atlantica, tra cui l’Italia, che in questi anni ne hanno garantito la sicurezza politica e militare. Ricordo poi che durante la scorsa estate quando a Kosovska Mitrovica ci furono incidenti, in mezzo c’erano le forze internazionali. Queste sono le ragioni per cui questa regione è e rimarrà sotto l’attenzione della comunità occidentale”.

 

Resta da vedere se il disimpegno annunciato da Trump in Europa avrà ripercussioni sul contingente Nato in forza in Kosovo. Per Chiaruzzi, “un disimpegno statunitense nei Balcani dal punto di vista politico potrebbe aprire spazi di influenza ad altre potenze esterne, ma al contempo potrebbe comportare un effetto positivo nell’ottica della capacità degli europei di ‘iniziare a badare a sè stessi’. D’altronde se in Kosovo o in Bosnia gli Stati Uniti decidessero di ridefinire il proprio impegno, per l’Ue non risulterebbe difficile compensare l’assenza statunitense nelle funzioni di peacekeeping. Certo – avverte il politologo – se il ritiro degli 800 militari statunitensi fosse la prima mossa di un disimpegno generale in tutto il territorio europeo, soprattutto in una zona in cui non hanno mai rinunciato all’intervento diretto, allora ciò avrebbe un significato particolare. Voglio pero’ sottolineare che un eventuale disimpegno può essere si’ unilaterale e deciso dalla presidenza, ma gli Usa fanno comunque parte dell’Alleanza atlantica e prima della presidenza Trump sono stati emanati atti legislativi che vincolano la capacità della presidenza di ‘scomporre’ l’alleanza”.

 

Sulla possibilità di influenze straniere, Chiaruzzi evidenzia che “a differenza di quanto accaduto nel 2021, questa tornata elettorale è stata contraddistinta da un generale pluralismo, fatto abbastanza innovativo per la regione. Non sono tuttavia mancate, secondo alcune agenzie internazionali e locali, contributi disinformativi dall’esterno, riguardanti ovviamente le relazioni tra Serbia e Kosovo, in un periodo in cui tra l’altro Belgrado assiste a un movimento di origine studentesca mai cosi’ forte dai tempi di Milosevic”.

 

“La storia d’altronde ci ricorda che dopo la fine della guerra il Kosovo è rimasto comunque oggetto della competizione internazionale. Ancora oggi la Federazione Russa continua a spingere la propria azione per contrastare la sfera di interesse e di influenza occidentale”. Per quanto concerne, infine, il sentimento dominante nei Balcani sul riconoscimento del Kosovo, Chiaruzzi spiega che “in tutta la Regione, ancora scossa dalla politica serba attuata durante il periodo di disintegrazione della Jugoslavia, vi è un generale riconoscimento della legittimità delle rivendicazioni di Pristina, come d’altra parte questo sentimento era stato rivolto al desiderio di indipendenza della Croazia, della Bosnia, e degli altri Stati post-jugoslavi. 

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