AGI – Il conflitto ucraino – che “non dura da tre anni, ma da 11” con la guerra in Donbass e l’annessione russa della Crimea – è arrivato a una “svolta”, la cui direzione è ancora difficile da prevedere, ma che di certo è segnata dalla profonda frattura consumatasi tra Kiev e il suo principale alleato, Washington. Che il 2025 avrebbe aperto un nuovo capitolo era piuttosto chiaro a chi, come Simone Attilio Bellezza, ha dedicato la sua vita agli studi ucraini e dell’area post-sovietica.
Docente di Storia contemporanea presso l’Università del Piemonte Orientale, Bellezza è co-curatore del volume uscito per Scholé “La Guerra d’indipendenza ucraina. Come il conflitto ha cambiato il Paese (2014-2024)”, dieci anni in cui il confronto bellico ha profondamente influenzato e trasformato la società, la cultura e la politica ucraine. Il volume riflette su questi cambiamenti con i saggi di 12 studiose e studiosi italiani e ucraini che mirano a interpretare la guerra nel medio-lungo periodo per provare a comprendere quale sarà il futuro dell’Ucraina.
I cambiamenti maggiori avvenuti in questo lasso di tempo, spiega in un’intervista all’AGI lo stesso Bellezza, “sono sostanzialmente tre: una maggiore “ucrainizzazione” del Paese, con le popolazioni che si sono mescolate per via dell’emigrazione interna spinta dalla guerra”. Questo, prosegue lo studioso, “ha permesso di creare una nazione più coesa che si conosce di più e che parla questa volta un’unica lingua, l’ucraino, mentre il russo è percepito come la lingua dell’invasore”.
L’altra grande trasformazione è quella di una “democratizzazione” del Paese, con una “progressiva emarginazione degli oligarchi dal potere e l’affermazione del primato della politica”. Sul tema dei diritti, fa notare Bellezza, basti ricordare che “la Convenzione di Istanbul sui diritti di genere è stata approvata durante la guerra in prima lettura dal Parlamento ucraino”; è stato un passo rivendicato come “scelta ideologica di appartenere a un mondo diverso da quello di Putin, cioè quello delle democrazie occidentali”.
Infine, è la vita quotidiana a essere cambiata molto: “Violenza e distruzione sono diffuse, l’Ucraina è un Paese in cui quasi tutti hanno avuto una vittima in famiglia, i coprifuoco, le bombe, le restrizioni sulle forniture di energia”. Oggi, è cambiato anche il rapporto degli ucraini verso il presidente Volodymyr Zelensky: ha subìto un calo di popolarità, ma dire che il suo consenso è al 4%, come ha fatto di recente il presidente Usa Donald Trump, sembra un tentativo di “delegittimarlo” insieme agli appelli per indire nuove elezioni, dichiara il docente.
Il mandato di Zelensky è scaduto l’anno scorso, ma “non va dimenticato che è l’unico presidente legittimo e questo lo sanno anche gli ucraini”, spiega Bellezza, “perché la Costituzione prevede che in caso di guerra non si possa andare alle urne”. Riportando recenti sondaggi, che danno Zelensky al 57%, l’esperto ammette che il leader ucraino “si è estraniato parte del consenso popolare per diversi motivi, tra cui alcune scelte nella gestione del conflitto e dei funzionari di governo più legati al suo circolo di collaboratori, che a una logica di competenza”.
“Ma questo volta faccia degli Stati Uniti”, prosegue Bellezza, “non sta facendo nient’altro che riunire di nuovo la nazione attorno al presidente: gli ucraini si sentono traditi dagli Stati Uniti e dall’Occidente, da quelli che erano i primi i loro alleati e che da un momento all’altro hanno sposato le tesi di Putin”. Ora il futuro di Zelensky dipende da come riuscirà a chiudere questa partita internazionale su una possibile tregua, dice Bellezza, secondo il quale “non è scontato che si possa arrivare davvero a una tregua, perché credo che Zelensky abbia la possibilità, in caso fosse sostenuto da un forte consenso popolare, di non accettare una tregua che sia una resa completa”.
La linea rossa su cui Kiev non cederà sono le garanzie di sicurezze, più che l’integrità territoriale: “Come si può evitare che la Russia sferri un nuovo attacco all’Ucraina magari tra un anno o due, quando si è già stabilito che non dovrà far parte della Nato?”. La cosa più importante “sarebbe riuscire a legare l’Ucraina al sistema di sicurezza della Nato, sempre che questo continui a esistere” sotto le bordate di Trump.