AGI – Il Sudafrica “sta facendo cose molto brutte”, in particolare con “l’esproprio delle proprietà private”. Con queste parole il segretario di Stato americano, Marco Rubio, in visita in Repubblica Dominicana, ha spiegato ai cronisti perché non intende partecipare al vertice del G20 previsto a Johannesburg il prossimo novembre. Parole che riecheggiano quelle con cui il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, aveva aperto, quattro giorni fa, lo scontro con il governo di Pretoria.
Sulla sua rete sociale Truth, il magnate aveva annunciato il taglio di tutti i futuri fondi al Sudafrica (pari a circa 450 milioni di dollari all’anno) “finché non sarà completata l’inchiesta sul Land Expropriation Act“, provvedimento che Trump ha definito una “enorme violazione dei diritti umani” ai danni di “determinate categorie di persone”. Il riferimento è alla minoranza bianca che, a oltre trent’anni dalla fine dell’apartheid, possiede ancora il 72% dei terreni agricoli pur rappresentando, secondo i dati del governo, meno dell’8% della popolazione.
Una legge che divide anche il governo
Promulgato lo scorso 24 gennaio, il “Land Expropriation Act” prevede che lo Stato possa espropriare i terreni senza risarcire il proprietario qualora ciò sia “giusto, equo e nel pubblico interesse”, ovvero, sulla carta, in caso di terreni abbandonati o non sfruttati. La legge, fortemente voluta dall’African National Congress (Anc), il partito del presidente Cyril Ramaphosa, ha l’obiettivo di contenere il malcontento della maggioranza nera per la mancata redistribuzione delle terre ma ha spaccato l’esecutivo di unità nazionale.
Contrario non è solo il Freedom Front Plus, che rappresenta gli interessi dei bianchi, ma anche la Democratic Alliance (Da), partito moderato e multietnico molto vicino agli interessi delle imprese. Il timore della Da è che si ripeta quanto avvenuto in Zimbabwe, dove espropri disordinati e punitivi causarono un drastico calo della produzione agricola.
E Musk grida al “genocidio bianco”
Secondo un copione che si sta ormai consolidando, l’attacco di Trump è stato amplificato da Elon Musk, che lo ha inquadrato in una retorica cara all’estrema destra, quella sul “genocidio bianco” che sarebbe in corso in Sud Africa ai danni degli agricoltori di origine europea, tesi che il proprietario di X aveva iniziato a propagare già dallo scorso anno. Come spesso accade in questi casi, non si tratta nè della verità nè di una bufala, bensì di una narrazione che distorce ed esagera la portata di fatti reali.
L’apartheid ha lasciato una lunga scia di odio e il Sudafrica pullula di organizzazioni suprematiste, sia bianche sia nere. Se quindi sono stati documentati diversi casi di aggressioni ai danni di agricoltori bianchi, a volte torturati e uccisi, animate anche da ostilità e rancori razziali, a subire questi attacchi, denominati ‘plaasaanvalle’ in Afrikaans, sono anche i contadini neri. A sottolinearlo, qualche anno fa, era stato un fact-checking di Al Jazeera, che aveva avvertito, però, sull’assenza di dati ufficiali esaurienti. Secondo le informazioni raccolte dalla testata araba, i ‘plaasaanvalle’ causerebbero alcune decine di morti ogni anno, un fenomeno preoccupante, quindi, ma non il più preoccupante in un Paese che ha uno dei tassi di crimini violenti più elevati al mondo.
È allo stesso Musk che Ramaphosa, accusato dal capo di SpaceX di “politiche sulla proprietà apertamente razziste”, si è rivolto nel tentativo di ricomporre lo scontro. Dopo aver replicato a Trump, sempre via social, che il Sudafrica al momento “non ha confiscato alcuna terra”, il presidente sudafricano due giorni fa ha avuto una conversazione telefonica con Musk al quale, spiega un comunicato, ha ribadito “i valori del Sudafrica, incorporati nella Costituzione, di rispetto per lo stato di diritto, la giustizia, l’equità e l’eguaglianza”.
La replica di Ramaphosa
Ramaphosa ha evitato di alzare i toni e si è limitato a replicare, lunedì scorso, che “finora non è stato conquistato nessun terreno” e che la nuova legge “non è uno strumento di confisca ma un processo legale richiesto dalla Costituzione che assicura l’accesso pubblico alla terra in una maniera equa e giusta, come previsto dalla Costituzione”.
Se altri leader attaccati da Trump hanno reagito in modo altrettanto aggressivo, Ramaphosa non solo ha mantenuto la calma ma, tramite il suo portavoce Vincent Magwenya, ha invitato il presidente degli Stati Uniti nel suo Paese per una visita di Stato in occasione della quale siglare la pace con una… Partita di golf. “Stiamo cercando di spingere il presidente a ritagliarsi un po più di tempo e recuperare il suo tiro così quando porterà il presidente Trump a giocare sarà in grado di fare una figura decente”, ha scherzato Magwenya con i cronisti.
Il portavoce si è detto fiducioso che la relazione tra Sudafrica e Stati Uniti “sia stata di mutuo beneficio e continuerà a esserlo”. “Supereremo gli inciampi attuali”, ha assicurato Magwenya, “chiariremo le questioni che hanno bisogno di essere chiarito e risponderemo in modo rapido alla disinformazione sulle nostre leggi”.