martedì, Ottobre 22, 2024
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Tra ‘scanner’ e ‘testa alta’, il secondo anno di Meloni a Palazzo Chigi

AGI – “Al lavoro, senza sosta, senza paura”. Giorgia Meloni si mostra sorridente sui social cui affida un messaggio a due anni dal suo secondo anno al governo. Ventiquattro mesi a Palazzo Chigi in cui ‘l’underdog’ della politica italiana (‘copyright’ di Meloni stessa) ribadisce a più riprese di “non essere ricattabile”, e con il suo ‘vota Giorgia’ alle Europee vince, trascinando Fratelli d’Italia a una netta vittoria.

E nei giorni in cui è massima la tensione tra Palazzo Chigi e magistratura dopo la decisione del Tribunale di Roma di non trattenere i migranti nel centro in Albania, la premier – con un post, questa mattina, sempre su X – assicura che “finché avremo il sostegno dei cittadini, continueremo a lavorare con determinazione, a testa alta, per realizzare il nostro programma”. Un programma – dalla lotta all’immigrazione irregolare, alle riforme (giustizia, autonomia, premierato) ai dossier economici e internazionali – che procede ma non senza ostacoli. Per la presidente del Consiglio c’è, infatti, il ‘muro’ delle opposizioni compatte, ad esempio contro l’autonomia differenziata e il premierato.

 

Poi c’è l’opera di limatura e mediazione, a volte un vero e proprio serrare i ranghi, per avvicinare le posizioni degli alleati di Forza Italia e Lega su alcuni temi come, ad esempio, la tassa sugli extraprofitti delle banche o sulla cittadinanza. E del resto quell'”eccomi qua, sono ricomparsa, richiamate tutte le unita’, sono a Palazzo Chigi”, il piglio con cui la premier aveva annunciato, dopo la fine delle vacanze estive, il suo ritorno sui dossier del governo, rendeva già l’idea dell’avvicinarsi di un ‘autunno caldo’. 

E già il fine estate ha portato un nuovo ministro della Cultura – Alessandro Giuli – dopo le dimissioni di Gennaro Sangiuliano, travolto dalle rivelazioni della imprenditrice ed aspirante consulente al MiC Maria Rosaria Boccia.
Ora c’è, invece, la partita della nomina di Raffaele Fitto nella nuova Commissione europea, su cui la premier – parlando alle Camere – ha chiesto unita’ nazionale, ma con i no di Schlein e Conte. Poi l’elezione dei giudici mancanti della Corte Costituzionale e la partita sulle nomine Rai. Il tutto mentre esplode il ‘caso Albania’ che riaccende un duro confronto tra politica e magistratura. Il tutto in un contesto in cui la premier rivendica l’ambizione dell’Italia a diventare un ‘modello’ in Europa nella lotta all’immigrazione irregolare grazie ad accordi (sulla scia di quello tra Roma e Tirana) anche con Paesi extra Ue. E con il Piano Mattei, un nuovo partenariato tra Italia e Africa, a segnare la rotta.

Intanto, Meloni ribadisce di volere portare a termine il programma con cui ha vinto le elezioni del 2022: riforme e politiche a sostegno delle famiglie e delle imprese. Ora che l’autonomia differenziata è legge (da districare pero’ ancora il nodo dei Lep) avanti quindi con il premierato (attualmente a meta’ del guado con il primo si’ al Senato), la “madre di tutte le riforme” come lo chiama l’esecutivo.

Abolito il reato di abuso di ufficio (è definitivo il semaforo verde del Parlamento al ddl Nordio) la riforma sulla separazione delle carriere è incardinata nelle Commissioni alla Camera.

Densa, nell’ultimo anno, l’agenda internazionale della premier con l’Italia che dal primo gennaio scorso ha assunto la presidenza del G7 con gli occhi del mondo puntati al Vertice di Borgo Egnazia del giugno scorso. Il sostegno all’Ucraina per arrivare ad una “pace giusta”, l’impegno costante per il cessate il fuoco nella striscia di Gaza, la richiesta della liberazione degli ostaggi rapiti da Hamas e la soluzione dei due popoli due Stati: sono le direttive su cui si è incardinata l’attività internazionale della premier.

Il secondo anno al governo di Giorgia Meloni ha visto numerose missioni all’estero, in uno scenario segnato dalle guerre in Ucraina e Medio Oriente ma anche ricorrenti campagne elettorale in Italia. Oltre alle elezioni Europee di giugno, sono state quattro le chiamate alle urne per le regionali nell’arco di soli cinque mesi – in Sardegna, Abruzzo, Basilicata, e Piemonte – con un bilancio favorevole rivendicato dal centrodestra. Ma un anno martellato anche dalle calamità naturali che hanno colpito l’Italia con la seconda alluvione in Romagna (settembre) e la recente devastazione di Bologna sott’acqua.
Ma la premier si è trovata anche a commentare, in questo secondo anno di governo, inchieste giudiziarie. L’ultima, quella della Procura di Bari sugli accessi abusivi ai conti correnti da parte di un dipendente bancario. “Io sono la persona più dossierata d’Italia. Nel dramma c’è la buona notizia: la mia vita è stata proprio passata allo scanner e non si è trovato niente”, ha rivendicato la premier.
Nove mesi prima, nella conferenza stampa di fine, anzi, di inizio anno, il concetto era stato simile: “Io penso che qualcuno in questa nazione abbia pensato di poter dare le carte, ma in uno Stato normale non ci sono condizionamenti, l’ho visto accadere e non dico di più. Ci sono quelli che pensano che possono indirizzare le scelte, ma con me non funziona, io sono il premier e le faccio io, me ne assumo la responsabilità”, aveva detto la presidente del Consiglio.
Un tema ricorrente, che anima il dibattito nello stesso centrodestra. C’è chi, tra gli stessi intellettuali d’area, come Marcello Veneziani, sollecita invece il governo proprio a dotarsi di uno ‘scudo’ più impenetrabile contro i (fatidici) ‘poteri forti’, accusandolo in sostanza di eccessiva accondiscendenza. “Ci sono probabilmente gruppi di pressione che non accettano di avere al governo qualcuno che pressioni non se ne fa fare, che non si può ricattare. E allora, magari – dice invece Meloni – tentano di toglierselo di torno con altri strumenti. Temo che non riusciranno”.

 

 

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