lunedì, Dicembre 30, 2024
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I cinque fattori che predicono la risposta all’immunoterapia

AGI – Identificati cinque fattori chiave e indipendenti che determinano la risposta e la sopravvivenza dei pazienti dopo aver ricevuto gli inibitori del checkpoint, CPI, un tipo di immunoterapia ampiamente utilizzata nel trattamento del cancro. A farlo i ricercatori dell’IRB di Barcellona. I risultati, pubblicati su Nature Genetics, forniscono un quadro di riferimento per i biomarcatori attuali e futuri della risposta all’immunoterapia. Negli ultimi anni l’immunoterapia ha trasformato il trattamento del cancro consentendo al sistema immunitario di attaccare le cellule tumorali. Tuttavia, solo il 20-40% dei pazienti risponde positivamente all’immunoterapia e queste percentuali variano a seconda dei diversi tipi di cancro. Prevedere quali pazienti risponderanno all’immunoterapia e quali no è attualmente un’area di ricerca molto attiva.

 

Numerosi studi condotti finora si sono concentrati sulle caratteristiche specifiche dei tumori, sul loro microambiente o sul sistema immunitario del paziente. Di conseguenza, non è ancora chiaro quali dei biomarcatori proposti rappresentino gli stessi fattori sottostanti o quanti fattori indipendenti influenzino l’efficacia di questa terapia. Ora, i nuovi risultati potrebbero anche, in futuro, costituire un percorso per un significativo progresso nella personalizzazione dei trattamenti del cancro, aiutando a identificare con maggiore precisione i pazienti che probabilmente beneficeranno dell’immunoterapia. Secondo lo studio, i pazienti affetti da alcuni tipi di tumore che attualmente non sono considerati candidati all’immunoterapia, come quelli affetti da carcinomi epatici o renali potrebbero beneficiare di questo tipo di trattamento.

 

Il gruppo di ricerca, guidato da Nùria Lòpez-Bigas e da Abel Gonzàlez-Perez, del laboratorio di Genomica Biomedica dell’IRB di Barcellona, in collaborazione con ricercatori di diversi centri internazionali, ha affrontato questo tema attraverso un’analisi completa dei dati genomici, trascrittomici e clinici di 479 pazienti con tumori metastatici, sottoposti a trattamento con CPI. Questi dati provengono da un database pubblico generato dalla Hartwig Medical Foundation olandese. “

 

Abbiamo utilizzato un approccio imparziale per analizzare migliaia di caratteristiche molecolari e cliniche e abbiamo identificato cinque fattori indipendenti che influenzano la risposta all’immunoterapia e la sopravvivenza dei pazienti”, ha spiegato Lo’pez-Bigas, ricercatore ICREA presso l’IRB di Barcellona. I cinque fattori identificati sono: il carico mutazionale del tumore; l’infiltrazione effettiva di cellule T; l’attività del fattore di crescita trasformante beta, TGF-, nel microambiente tumorale; i precedenti trattamenti ricevuti dal paziente; il potenziale proliferativo del tumore. Questi fattori in diversi tipi di tumore sono associati alla risposta agli IPC e sono stati convalidati dagli autori in sei coorti indipendenti, per un totale di 1.491 pazienti. Il carico mutazionale del tumore, TMB, conerne i tumori con un numero elevato di mutazioni che tendono a produrre più neoantigeni, rendendo più facile il riconoscimento e l’attacco da parte del sistema immunitario. Il TMB è stato uno dei biomarcatori più studiati per prevedere la risposta agli IPC.

 

L’infiltrazione effettiva di cellule T riguarda la presenza di cellule T citotossiche nel tumore è essenziale per l’efficacia degli IPC. Questo studio ha confermato che una maggiore infiltrazione di queste cellule è direttamente correlata a una migliore risposta alla terapia. L’attività del TGF- nel microambiente tumorale influenza il comportamento di alcune cellule del microambiente tumorale. Un’elevata attività del TGF- puo’ sopprimere la risposta immunitaria, il che si riflette in una tendenza dei pazienti a una minore sopravvivenza dopo il trattamento immunoterapico. In merito ai trattamenti precedenti, i pazienti che hanno ricevuto trattamenti precedenti tendono a mostrare una risposta più scarsa all’immunoterapia. Il potenziale proliferativo del tumore si riscontra in pazienti con tumori ad alto indice di proliferazione, che tendono a essere più aggressivi, mostrano in genere una sopravvivenza più scarsa dopo il trattamento. Questi cinque fattori forniscono un quadro per organizzare le vaste conoscenze attuali sui biomarcatori di risposta all’immunoterapia. “Finora molti studi si sono concentrati sull’identificazione e la segnalazione di singoli biomarcatori, ma i nostri risultati suggeriscono che molti di questi biomarcatori potrebbero essere versioni diverse degli stessi fattori sottostanti”, ha affermato Gonzalez-Perez.

 

Inoltre, i ricercatori hanno dimostrato che un modello multivariato che combina questi cinque fattori consente di classificare i pazienti in modo più accurato rispetto al solo carico mutazionale del tumore, come avviene spesso nella pratica clinica, prevedendo la probabilità che i pazienti rispondano all’immunoterapia. Questo progresso potrebbe avere importanti implicazioni cliniche in futuro, in quanto potrebbe evitare che i pazienti con una bassa probabilità di risposta sperimentino gli effetti collaterali degli IPC, che possono portare a malattie autoimmuni, e potrebbe anche contribuire a ridurre i costi dei trattamenti. Uno dei punti salienti di questo studio è la convalida di questi cinque fattori in sei coorti indipendenti di pazienti affetti da tumori come polmone, colon e melanoma.

 

“Abbiamo confermato che questi fattori sono rilevanti in diversi tipi di cancro e in diverse popolazioni di pazienti, rafforzando così il loro valore clinico”, ha evidenziato Joseph Usset, ex postdoc presso l’IRB di Barcellona e ora all’Istituto Oncologico Vall d’Hebròn. “Man mano che la ricerca prosegue potrebbero essere scoperti nuovi fattori latenti in altri tipi di tumore o in coorti più ampie”, ha proseguito Usset. La squadra di ricerca spera di poter disporre in futuro di un volume maggiore di dati sui pazienti per creare modelli più accurati. L’accuratezza di questi modelli per una potenziale applicazione clinica futura dovrebbe essere convalidata attraverso studi clinici prospettici. Tuttavia, questo progresso deve affrontare una sfida significativa, ovvero la difficoltà di accedere a dati così completi e dettagliati come quelli utilizzati in questo studio.

 

“Questo studio rappresenta un passo importante per capire come le diverse caratteristiche del tumore influenzino la risposta al trattamento”, ha sottolineato Lopez-Bigas. “In futuro, speriamo che questi cinque fattori vengano integrati nella pratica clinica per guidare le decisioni terapeutiche”, ha conluso Lopez-Bigas. 

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