giovedì, Novembre 21, 2024
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L’EUROVISION PIÙ QUEER DI SEMPRE

Dieci anni dopo la vittoria di Conchita Wurst, iconica drag queen austriaca, l’Eurovision resta una piattaforma per talenti queer.

L’edizione 2024 vede una notevole partecipazione di artisti non binari, vale a dire che non si identificano né con il genere maschile né con quello femminile. Nella prima serata hanno fatto scalpore l’irlandese Bambie Thug che trasudava orgoglio trans nel loro outfit sul palco, riuscendo ad assicurarsi un posto in finale. Sul palco hanno sventolato la bandiera sia dell’Irlanda che della comunità trans durante la loro canzone Doomsday Blue mentre salivano sul palco per la prima semifinale a Malmö, in Svezia, il 7 maggio. Bambie Thug (pseudonimo di Bambie Ray Robinson) è salita sul palco con un tutù di piume nere e se n’è andata rivelando la bandiera trans sul costume mentre veniva acceso un fuoco intorno al palco, facendo cenno ai diritti dei trans.

Nemo arriva al festival in rappresentanza della Svizzera nella serata di giovedì 9 maggio. “È bello non essere soli. Credo che alcuni artisti non binari abbiano fatto coming out dopo aver partecipato all’Eurovision. Il fatto che quest’anno siamo in due dimostra che è giunto il momento di parlarne. Spero che questo ispiri le persone a conoscere cosa sia il non binario e che crei discussione. Forse gli altri diranno: ‘Nemo e Bambie sono loro stessi sul palco, va bene anche per me essere quello che sono, sono perfetto così come sono'”.

Il trionfo di Conchita Wurst

Questa non è la prima volta che l’Eurovision si afferma come cassa di risonanza delle istanze sociali in tutto il continente. Nel 2014 Conchita Wurst dedicò la sua vittoria “a chiunque creda in un futuro di pace e libertà”. Trofeo in mano e lacrime agli occhi, disse: “Sai chi sei, siamo unità e siamo inarrestabili”. A quel tempo, in diversi paesi partecipanti si discuteva della questione della parità di matrimonio. La Francia aveva appena adottato la cosiddetta legge “matrimonio per tutti” e dopo il Regno Unito, la Germania, la Finlandia e Malta si sono affrettati ad aprire questo diritto anche alle coppie gay e lesbiche.

La Russia, d’altro canto, ha attuato le sue prime leggi anti-gay, bandendo la pseudo “propaganda omosessuale” nel 2013. I fischi caduti sugli artisti russi all’Eurovision nel 2014 erano in parte legati a questa legislazione omofobica. Perché è un dato di fatto: il concorso musicale è un forum progressista in cui la comunità LGBTQ (lesbiche, gay, bi, trans, queer) si fa sentire.

Una lunga storia

La cantante lesbica Dany Dauberson rappresentò la Francia nella prima edizione nel 1956 e Jean-Claude Pascal vinse nel 1961 per il Lussemburgo con Nous Les Amours, una canzone che racconta l’amore di una coppia gay in una società intollerante. Però, per capirne il senso, bisognava leggere tra le righe: “Noi amanti, vorrebbero separarci, vorrebbero impedirci di essere felici. Noi amanti, sembra che sia l’inferno ad attenderci oppure il ferro e il fuoco (…) Eppure nulla è più evidente dell’amore“.

“Il coming out dell’Eurovision è avvenuto quando è stato introdotto il televoto e l’evento ha cominciato a svolgersi in luoghi più grandi, permettendo ai fan di essere più visibili su tutti gli schermi televisivi europei. Inoltre, e questo è molto rilevante, questi cambiamenti hanno coinciso con una serie di progressi negli stati europei in termini di riconoscimento dei diritti dei gay”, scrive lo storico Dean Vuletic nel suo libro Postwar Europe and The Eurovision Song Contest.

La svolta di Dana International

La svolta arrivò quindi alla fine degli anni Novanta. Nel 1997, l’islandese Paul Oscar divenne il primo candidato dichiaratamente gay a partecipare al concorso. La vittoria dell’israeliana Dana International nel 1998, tuttavia, fu il vero punto di svolta. L’artista trans aveva subito minacce di morte e aveva suscitato le ire degli ebrei ortodossi prima della sua partecipazione. “Questo ha cambiato le cose in Israele”, ha dichiarato cinque anni fa il giornalista Alon Amir. “L’opinione pubblica cominciò ad essere sempre più favorevole alle persone LGBT poiché si resero conto che avrebbero potuto portare molto onore al Paese. Dana International è stata una pioniera. Ha fatto molte cose che all’epoca erano controverse, ha fatto quello che doveva fare e lo ha fatto bene”.

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