La serie Fanfik (in onda su Netflix) mostra un lato nascosto della Polonia di oggi, paese spesso ultraconservatore e decisamente repressivo sulle tematiche dei diritti LGBTQI+
Fanfik è un’impietosa rappresentazione senza filtri, che inquadra dal vero le angosce e i turbamenti di una nuova generazione di adolescenti che chiede risposte alle proprie domande.
Marta Karwowska − regista e co−sceneggiatrice della serie − è una giovane autrice che ha scritto diverse serie TV rivolte ad un pubblico adolescente. L’elemento comune a tutte le serie della Karwowska è l’approfondimento dei temi della formazione identitaria e sessuale dei ragazzi. Le storie sono ambientate in scenari contemporanei e affrontano con realismo ed empatia le sfide e le difficoltà che i giovani incontrano nell’affrontare un mondo complesso e in continua evoluzione.
Fanfik − adattamento dell’omonimo romanzo di Natalia Osińska − è la storia di un’adolescente senza madre, arrabbiata col mondo, dipendente da psicofarmaci e che trova un’improvvisa serenità interiore nel momento in cui, per un caso fortuito, prova i vestiti di un ragazzo e scopre di essere rimasta imprigionata fino a quel momento in una gabbia allo stesso tempo biologica e culturale.
La modella/attrice Alin Szewczyk interpreta Toska, la ragazza più infelice del suo liceo. Soffre di disturbi alimentari, è eccessivamente magra, ha segni di rasoio sui polsi e la tendenza a rubare le pillole antidolorifiche del padre, caposquadra di un’impresa edile. Non è interessata ai ragazzi e sembra quasi che li detesti profondamente fino ad apparire completamente asessuale.
L’unica via di fuga mentale per lei è scrivere una “fan fiction” on line in cui si immagina come una rock star (uomo), ricevendo commenti di ogni genere per questa sua creazione interiore. Un giorno incontra Leon, che comprende il suo disagio e collabora alla sua fan fiction immaginandosi come il chitarrista transgender della sua band. Dopo un temporale, le presta i suoi vestiti maschili e l’aiuta a tagliarsi i capelli e sembra che in quell’istante tutte le tensioni del passato siano sparite. La nuova Toska scopre la sua identità in una realtà che finalmente combacia con le sue immagini interiori.
Il padre desidera che lei si comporti come una “ragazza normale” e “smetta già di giocare a ‘travestirsi”, ma Toska segue imperterrita il percorso chi ha scelto e comincia a farsi chiamare con il maschile Tosiek (corrispondente in polacco al nostrano “Antonio”, laddove “Toska” è l’equivalente di “Antonia” o “Antonietta”) e ha utilizzare nuovi pronomi per definirsi.
Leon gli confessa di essere gay ed innamorato di un compagno di classe, ma lui e Tosiek sono ancora attratti l’uno dall’altro. Entrambi devono affrontare in questo loro coming−of−age i bulli della scuola, i troll online o un insegnante particolarmente intollerante che non fa altro che ripetere a Tosiek: “Hai guardato troppi film americani?”.
Ciò che Marta Karwowska ne ricava è il ritratto di una vita scolastica autentica, con ragazzi e ragazze che flirtano, litigano, fuggono e fanno i prepotenti come veri adolescenti, una rappresentazione realistica della rabbia basata sulla confusione e della “disforia” e una nota di speranza in un paese come la Polonia, dove il terreno verso l’affermazione di una vera uguaglianza di diritti è ancora pieno di insidie.